venerdì 20 marzo 2009

Porzione del cimitero agli islamici: parliamone.

Esistono atti che l’Amministrazione si è premurata di pubblicizzare oltremodo, ed altri invece tenuti in silenzio. Tra questi si annovera sicuramente la delibera di giunta n. 187 del 20 dicembre 2007. La delibera, proposta dall’assessore alle attività produttive GHNAIM MOFID, ha come oggetto l’individuazione nel cimitero di Formigine di un’area per la sepoltura dei cittadini di fede islamica (tematica che sicuramente rientra nella sua delega!). Poiché si stima che i residenti a Formigine di religione islamica non superino il 2% della popolazione, si fatica a comprendere l’utilità di tale disposizione, anche alla luce del fatto che lo spazio nei nostri cimiteri è inferiore al fabbisogno e che da diversi anni stiamo investendo importanti risorse per allargarli. Senonchè, tutto si chiarisce quando si evince che l’associazione richiedente ha sede in Via Circonvallazione a Sassuolo e che l’opera in questione probabilmente va a soccorrere le difficoltà politiche dell’Amministrazione di quel Comune. Tuttavia si pongono alcuni quesiti: l’assessore MOFID ha provveduto a chiarire all’Associazione richiedente che in Italia, e quindi anche a Formigine, non vige la tradizione islamica della sepoltura perpetua? E che pertanto anche le salme dei defunti islamici verranno rimosse dal campo comune, dopo un congruo termine previsto dalla normativa, e riposte altrove? O si è pervenuta alla deliberazione in questione senza un opportuno dialogo con l’Associazione islamica, e quindi con leggerezza? In merito poi all’opportunità di questo provvedimento si aggiunge un altro elemento: a Torino, dove esiste da diversi anni un cimitero islamico, si è potuto constatare che sono pochissimi gli extra-comunitari di fede islamica che accettano di essere sepolti nella “terra degli infedeli”. Quindi, anche alla luce di quell’esperienza, a che pro destinare parte del nostro cimitero a questa speciale finalità? La Lista Civica per Cambiare e l’UDC ritengono che l’integrazione non può passare esclusivamente attraverso la valorizzazione delle tradizioni e culture altrui, ma soprattutto mediante un progressivo “adattamento” dei nuovi venuti agli usi e costumi della cultura ospitante, ed il tutto nel rispetto reciproco.

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